Concrete Art Movement  

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 +Action Painting
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 +Il termine Action Painting, "pittura di azione", fu coniato dal critico americano Harold Rosenberg nel 1952 per designare una esperienza d’arte che emergeva nell’ambiente di New York. Riprendeva la lezione storica dell’espressionismo astratto europeo, ma con nuova carica surreale, importata da autori come Hans Hoffman e Arshile Gorky. Ne è stato protagonista sin dalla fine di Quaranta Jackson Pollock (morto tragicamente nel 1956, a 44 anni). Stendeva per terra grandi tele e vi faceva sgocciolare sopra, con gesti rapidi e nevrotici, seguendo ritmi impulsivi, colori di vernici industriali. Questa procedura labirintica, detta dripping (lo "sgocciolamento"), realizzava l’esigenza dell’artista di "sentirsi più vicino, quasi parte integrante della pittura". Energiche stesure basate sul nero, con spazzole e cazzuole, praticava invece Kranz Kline, mentre tensione visionaria esprimevano i frammenti composti drammaticamente da Willem De Kooning. Un gesto lento, largo e intenso connota invece i campi cromatici di Mark Rothko. In Europa, tendenza analoga è il tachisme (dal francese "tache", macchia) espresso da artisti come Fautrier, Hartung, Mathieu. Quest’ultimo per esempio schizzava colori contro la tela in velocità: la pittura come gesto senza mediazioni, la vita come tiro al bersaglio.
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 +Art brut
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 +Sul finire della seconda guerra mondiale, in una Europa dolente di tragedie, l’arte si volse a privilegiare le energie primarie del gesto, la forza magmatica della materia, i liberi istinti creativi. Fu la stagione dell’Informale, che connotò gli anni Cinquanta nel mondo. In quel clima un artista francese, Jean Dubuffet, raccogliendo l’eredità storica del surrealismo - espressionismo, si volge a collezionare disegni di bambini e di malati di mente. Nel 1947 ne organizza una mostra a Parigi, e definisce quella esperienza spontanea e incontrollata “art brut”, ovvero “grezza”, “bruta”. Nel contempo egli stesso dipinge quadri che parafrasano le immagini scaturite da simili primitivi impulsi in assenza di cultura e di regole, così come i graffiti sui muri, le scritte nei vespasiani, i disegni delle caverne. L’Art Brut diviene così un movimento con le sue teorizzazioni (raccolte nei “Cahiers de l’art brut”) e i suoi seguaci. Il capofila è ovviamente Dubuffet. Ma vi aderiscono artisti di spicco, come Appel, Jorn, Alechinsky, Corneille, Constant, a loro volta esponenti del gruppo nord-europeo “Cobra”, acronimo delle loro città, Copenaghen – Bruxelles - Amsterdam. L’Art Brut ebbe vita breve. Un suo museo, che conserva anche la collezione di Dubuffet, è sorto in Svizzera, a Losanna.
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 +Arte concettuale
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 +L'espressione compare nel 1967 negli Usa, ed è usata da un gruppo di artisti influenzati dal teorico Ad Reinharat. Tra questi artisti ricordiamo J. Kosuth, Lewitt, Huebler, Weiner. Reinharat, particolarmente attivo nel 1969, svolse la sua opera all'interno del gruppo inglese Art Language. L'Arte Concettuale evidentemente si oppone all'arte "oggettuale" ossia ai movimenti del New Dada, della Pop Art e della Mitzmal Art (Arte Povera), rifiutando qualsiasi ricerca estetica e formale essa si rivolge ad una investigazione delle esperienze mentali e alla indagine sulla natura dell'arte stessa; l'opera non è altro che un mezzo visivo per comunicare un atto mentale.
 +Si è proposto di considerare l'Arte Concettuale "come una corrente squisitamente mentale, di ricerca intellettuale, speculativa, il cui fine è soprattutto quello di giungere ad una realizzazione noetica più che quello di incarnarsi in un preciso embrione formale, tangibile e decisamente fruibile percettivamente".
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 +Arte concreta
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 +Il Movimento Arte Concreta (MAC) nasce a Milano nel 1948. Ne sono promotori Gianni Monnet, Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gillo Dorfles. Il gruppo riprende le teorie già enunciate nel 1930 da Theo Van Doesburg in Olanda e nel 1936 dallo svizzero Max Bill. L’arte concreta è, come l’arte astratta, non – figurativa, "aniconica". Però, sostiene il MAC, l’arte concreta non dipende da processi di astrazione dalla natura o da cose viste: si fonda su segni, linee, colori, forme di piena autonomia inventiva. Il MAC conobbe grande espansione anche per il sostegno del più autorevole storico dell’arte del tempo, Lionello Venturi e si collegò a movimenti analoghi europei come il gruppo francese Espace. A Milano vi aderirono fra gli altri Fontana, Sottsass, Nigro, Reggiani, Veronesi, Radice. A Roma Colla, Perilli, Prampolini, Dorazio. A Napoli Barisani, De Fusco, Tatafiore. Intensa fu l’organizzazione di mostre e la produzione di cartelle grafiche, riviste, pubblicazioni. Naturalmente all’interno del MAC si manifestarono varie anime, da quelle interessate a rigori geometrici a quelle che usavano forme e colori più liberi nello spazio, o si spingevano verso il design. Così il Movimento, stretto fra le novità dell’Informale e l’opposizione dei Figurativi, entrò in crisi e si sciolse nel 1958.

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[1] [May 2007]


Action Painting

Il termine Action Painting, "pittura di azione", fu coniato dal critico americano Harold Rosenberg nel 1952 per designare una esperienza d’arte che emergeva nell’ambiente di New York. Riprendeva la lezione storica dell’espressionismo astratto europeo, ma con nuova carica surreale, importata da autori come Hans Hoffman e Arshile Gorky. Ne è stato protagonista sin dalla fine di Quaranta Jackson Pollock (morto tragicamente nel 1956, a 44 anni). Stendeva per terra grandi tele e vi faceva sgocciolare sopra, con gesti rapidi e nevrotici, seguendo ritmi impulsivi, colori di vernici industriali. Questa procedura labirintica, detta dripping (lo "sgocciolamento"), realizzava l’esigenza dell’artista di "sentirsi più vicino, quasi parte integrante della pittura". Energiche stesure basate sul nero, con spazzole e cazzuole, praticava invece Kranz Kline, mentre tensione visionaria esprimevano i frammenti composti drammaticamente da Willem De Kooning. Un gesto lento, largo e intenso connota invece i campi cromatici di Mark Rothko. In Europa, tendenza analoga è il tachisme (dal francese "tache", macchia) espresso da artisti come Fautrier, Hartung, Mathieu. Quest’ultimo per esempio schizzava colori contro la tela in velocità: la pittura come gesto senza mediazioni, la vita come tiro al bersaglio.


Art brut

Sul finire della seconda guerra mondiale, in una Europa dolente di tragedie, l’arte si volse a privilegiare le energie primarie del gesto, la forza magmatica della materia, i liberi istinti creativi. Fu la stagione dell’Informale, che connotò gli anni Cinquanta nel mondo. In quel clima un artista francese, Jean Dubuffet, raccogliendo l’eredità storica del surrealismo - espressionismo, si volge a collezionare disegni di bambini e di malati di mente. Nel 1947 ne organizza una mostra a Parigi, e definisce quella esperienza spontanea e incontrollata “art brut”, ovvero “grezza”, “bruta”. Nel contempo egli stesso dipinge quadri che parafrasano le immagini scaturite da simili primitivi impulsi in assenza di cultura e di regole, così come i graffiti sui muri, le scritte nei vespasiani, i disegni delle caverne. L’Art Brut diviene così un movimento con le sue teorizzazioni (raccolte nei “Cahiers de l’art brut”) e i suoi seguaci. Il capofila è ovviamente Dubuffet. Ma vi aderiscono artisti di spicco, come Appel, Jorn, Alechinsky, Corneille, Constant, a loro volta esponenti del gruppo nord-europeo “Cobra”, acronimo delle loro città, Copenaghen – Bruxelles - Amsterdam. L’Art Brut ebbe vita breve. Un suo museo, che conserva anche la collezione di Dubuffet, è sorto in Svizzera, a Losanna.


Arte concettuale

L'espressione compare nel 1967 negli Usa, ed è usata da un gruppo di artisti influenzati dal teorico Ad Reinharat. Tra questi artisti ricordiamo J. Kosuth, Lewitt, Huebler, Weiner. Reinharat, particolarmente attivo nel 1969, svolse la sua opera all'interno del gruppo inglese Art Language. L'Arte Concettuale evidentemente si oppone all'arte "oggettuale" ossia ai movimenti del New Dada, della Pop Art e della Mitzmal Art (Arte Povera), rifiutando qualsiasi ricerca estetica e formale essa si rivolge ad una investigazione delle esperienze mentali e alla indagine sulla natura dell'arte stessa; l'opera non è altro che un mezzo visivo per comunicare un atto mentale. Si è proposto di considerare l'Arte Concettuale "come una corrente squisitamente mentale, di ricerca intellettuale, speculativa, il cui fine è soprattutto quello di giungere ad una realizzazione noetica più che quello di incarnarsi in un preciso embrione formale, tangibile e decisamente fruibile percettivamente".


Arte concreta

Il Movimento Arte Concreta (MAC) nasce a Milano nel 1948. Ne sono promotori Gianni Monnet, Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gillo Dorfles. Il gruppo riprende le teorie già enunciate nel 1930 da Theo Van Doesburg in Olanda e nel 1936 dallo svizzero Max Bill. L’arte concreta è, come l’arte astratta, non – figurativa, "aniconica". Però, sostiene il MAC, l’arte concreta non dipende da processi di astrazione dalla natura o da cose viste: si fonda su segni, linee, colori, forme di piena autonomia inventiva. Il MAC conobbe grande espansione anche per il sostegno del più autorevole storico dell’arte del tempo, Lionello Venturi e si collegò a movimenti analoghi europei come il gruppo francese Espace. A Milano vi aderirono fra gli altri Fontana, Sottsass, Nigro, Reggiani, Veronesi, Radice. A Roma Colla, Perilli, Prampolini, Dorazio. A Napoli Barisani, De Fusco, Tatafiore. Intensa fu l’organizzazione di mostre e la produzione di cartelle grafiche, riviste, pubblicazioni. Naturalmente all’interno del MAC si manifestarono varie anime, da quelle interessate a rigori geometrici a quelle che usavano forme e colori più liberi nello spazio, o si spingevano verso il design. Così il Movimento, stretto fra le novità dell’Informale e l’opposizione dei Figurativi, entrò in crisi e si sciolse nel 1958.

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